Il 94,5% dei Comuni coinvolto. In Sicilia incremento della pericolosità pari al 20,2%. Servono pianificazione territoriale integrata e rafforzamento dei presìdi locali
L’ISPRA ha presentato il Quarto Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia. Dai dati emerge che il 94,5% dei Comuni italiani è esposto a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanghe. La superficie classificata a pericolosità per frane nei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) è aumentata del 15% dal 2021 al 2024, passando da 55.400 a 69.500 km², pari al 23% del territorio nazionale. Gli incrementi più significativi si registrano nella Provincia Autonoma di Bolzano (+61,2%), Toscana (+52,8%), Sardegna (+29,4%) e Sicilia (+20,2%), grazie a nuovi studi di dettaglio delle Autorità di bacino e delle Province autonome. Migliora invece la situazione sul fronte dell’erosione costiera: i tratti in avanzamento superano quelli in erosione, con un saldo positivo di 30 km.
Il Presidente ISPRA, Stefano Laporta, in apertura del convegno ha evidenziato che questi dati non rappresentano solamente una questione tecnica, ma riguardano la sicurezza dei luoghi in cui viviamo. La partecipazione attiva dei cittadini è preziosa, così come il coinvolgimento diretto dei Comuni, che sono il primo presidio sul territorio.
Durante l’incontro sono stati presentati gli strumenti sviluppati da ISPRA a supporto delle attività di difesa del suolo, quali la piattaforma IdroGEO, che consente di visualizzare mappe e dati aggiornati sul dissesto, e il sistema ReNDiS, che raccoglie le informazioni tecniche e amministrative sugli interventi finanziati per la difesa del suolo – strumenti che rappresentano un supporto utile per le attività di pianificazione, in un contesto segnato dall’aumento degli eventi estremi e dalla crescente vulnerabilità del territorio.
Nel corso del dibattito è emerso come il problema dei ritardi nella realizzazione degli interventi non sia da attribuire tanto alla scarsità di risorse, quanto alla frammentazione amministrativa che ne rallenta la programmazione e la messa in opera. La spesa per i rischi naturali è raddoppiata negli ultimi due anni, ma solo una parte degli interventi riesce a concretizzarsi a causa della mancanza di visione di lungo periodo e della difficoltà di coordinamento tra enti, oltre che per una probabile saturazione del mercato delle materie prime e per la carenza di tecnici professionisti.
La manutenzione ordinaria del territorio è ancora un nodo critico, così come la mancanza di personale tecnico, specie nei Comuni più piccoli. Da più interventi è emersa la necessità di rafforzare le competenze tecniche locali, potenziare i fondi per la progettazione e per le attività di rilievo, ma anche incentivare opere pubbliche multifunzionali capaci di affrontare più rischi contemporaneamente (es. siccità, incendi, dissesto), oltre che opere temporanee per la mitigazione del rischio, di più facile realizzazione e maggiormente accettate dalle comunità locali.
In questo contesto è stata richiamata anche l’urgenza di rafforzare i presìdi territoriali e colmare le lacune strutturali nella rete di monitoraggio, poiché senza una presenza tecnica costante sul territorio è difficile svolgere attività di prevenzione del rischio in modo efficace.
Anche il sistema finanziario inizia a valutare l’impatto crescente del rischio idrogeologico. Il rappresentante della Banca d’Italia ha dichiarato che in Italia oltre 100 miliardi di euro di patrimonio immobiliare sono esposti a questi rischi, con danni stimati in circa 3 miliardi di euro l’anno, ipotizzando prescrizioni per l’accesso al credito per immobili collocati nelle zone a rischio, quali ad esempio l’obbligo di assicurarsi o l’adozione di sistemi tecnici contro la siccità per le imprese agricole.
Maggiori informazioni sulla pagina dedicata del sito dell’ISPRA:
https://www.isprambiente.gov.it/it/events/dissesto-idrogeologico-in-italia